Venerdì partiamo per Hpa An, dopo il lavoro. Io, telespalla Fulvione, Marghe, Giulia, Enri e Alessia. 2 macchine, 7 ore su una strada dove si muove ogni tipo di mezzo, dalle bici, ai motorini, ai tir. Passano anche lisce, le ore, a parte che ogni tanto l’autista si ferma per bagnarsi la faccia e fare due salti, perchè si sta addormentando. Mi guardo intorno, niente cinture. E allora è il momento di tenerlo sveglio: canto di merda, penso, non può addormentarsi. Sfoggio tutto il mio repertorio da stonato vero: Pavarotti, Ligabue, Articolo 31, Dire Straits, Pappalardo.
Alle 2 siamo nel letto, vivi.
La mattina, dopo aver saltato qualche scarafaggio gigante agonizzante in albergo (in Myanmar a quanto pare non esiste il concetto di albergo “medio”- o resort da 150 euro a notte o alberghi con perdite e scarafaggi, pare) partiamo presto per la scalata del monte Zwegabin. 800 metri di dislivello, in comodi scalini. Li sentiremo sulle gambe nei prossimi giorni.
Fulvione, lo sherpa, vorrebbe le bombole di ossigeno e le corde. Dovremo attrezzare i campi, dice.
La salita è abbastanza faticosa, per il caldo più che altro. Ci saranno 35 gradi. Quello che stupisce è la quantità di sporcizia che c’è lungo il percorso. Bottiglie e sacchetti ovunque. E qualche scimmia, che da un sorso e una mozzicata qua e la alla rumenta lasciata dai passanti.
Noi siamo sudatissimi. I Birmani che stanno salendo con noi asciutti e freschi come delle rose. Alcuni hanno la felpa. Uno i guanti. Per loro è ancora inverno, penso. Mi passa un brivido lungo la schiena immaginandomi l’estate.
Piano piano il gruppo di testa perde i pezzi. Non possiamo aspettarli, dice Fulvione. L’ora massima di ritorno è fissata per le 13. Rischieremmo troppo dopo, dice.
Rimaniamo io, Marghe, e lo Sherpa, al campo 4. Parte l’attacco alla vetta, alle 11. Superiamo con qualche difficoltà l’Hillary Step, e arriviamo in cima. Primo Fulvione, che da buon ex scout (ma da cattivo sherpa) è velocissimo, non riesco a stargli dietro. Dopo Margherita, con la rediviva Alessia, che si è rifatta sotto.
A parte la solita sporcizia, in cima lo spettacolo è bellissimo. Panorama fantastico e una pagoda con alcuni monaci (le foto si ingrandiscono con un clic).
E anche un sacco di monaci, ragazzi e bambini che ci accerchiano e cominciano a farci le foto. Siamo uno spettacolo poco frequente, a quanto pare. Dopo che ci hanno fotografato in 20, li faccio tutti sedere gesticolando e scatto io qualche foto. Ma riescono a fotografarmi anche mentre li sto fotografando io. Sono velocissimi.
Riescono tutti ad arrivare in vetta. Fulvione è felice. E’ riuscito a portare tutti in cima. Non capita spesso, dice.
Nel pomeriggio doccia e visita a un tempio su un lago. La domenica vediamo due grotte, adibite a santuari, che ci sono nei dintorni di Hpa An, prima di tornare a Yangon.
Belle, per carità le pagode, penso tra me e me. Ma ce ne sono a centinaia, in tutto il Paese. E viste le prime 20 poi iniziano anche a rompere un pò i maroni. Ma non diciamolo troppo forte.
Lunedì, tristi, torniamo in ufficio.
La più consistente scoperta che ho fatto pochi mesi dopo aver compiuto 27 anni, è che a quanto pare i 30 anni sono lo snodo tra la gioventù e la decadenza, anche fisica.
Ho pensato guardando Margherita e Alessia, che tra un ahia e l’altro facevano goffamente, e lentamente, le scale.
Nico! Che bella la foto della ragazza col vestito porpora, che sguardo dolce!
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Uauh Nic! Faticoso ma che spettacolo….bravi tutti davvero. Mi preoccupa il vostro decadimento a soli 30 anni…..io l’ho accusato dopo i 50!!! Baci cucciolo
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